Su architettura e cinema fra passato e presente

Le affinità tra cinema e architettura viste attraverso il prisma palladiano. Giovedì 20 marzo 2025 nell’ambito del primo appuntamento di Cinema Docet sul tema “Geometrie immaginarie. La città fra architettura e letteratura” è stato proiettato Palladio (2019), documentario di Giacomo Gatti dedicato alla celeberrima figura dell’architetto padovano, tra i più importanti e rappresentativi interpreti del Rinascimento italiano.
Gregorio Carboni Maestri, Maitre APA dell’Université Libre de Bruxelles, visiting professor all’Università degli studi di Bergamo e co-autore del film, ha raccontato Andrea Palladio come il primo grande interprete del linguaggio della modernità in architettura. Leggiadria degli spazi, simmetria e proporzione delle forme, in un generale recupero della classicità della Roma repubblicana: è così che Palladio si consegna alla storia come grande iniziatore di un vero e proprio progresso storico che trova espressione nelle Chiese veneziane da lui realizzate e nelle ville della provincia veneta che lo hanno reso celebre.
Fotografie di Sara Aresu
Il film ha messo in evidenza l’importanza dell’approccio rivoluzionario di Palladio, promotore di un’immagine della Venezia del XVI secolo come prima culla della globalizzazione. E nondimeno la sua enorme influenza sull’architettura inglese e statunitense dei secoli a seguire. Attraverso la sua figura è stato possibile dibattere sul tema del rapporto tra architettura, potere e identità sociale. Al tavolo sono intervenute anche Monica Resmini, professoressa associata di Storia dell’architettura, e Virna Nannei, ricercatrice di Restauro dell’Architettura nel Dipartimento di Ingegneria e Scienze applicate. È emersa l’immagine di un Palladio tutt’altro che “architetto del potere”, seppure – forse indirettamente – iniziatore di una nuova consapevolezza espressiva che trova nell’architettura un formidabile dispositivo ideologico, un linguaggio che si accorda al periodo storico in cui viene agito.
Architettura e cinema dimostrano di avere molto di più in comune di quanto si possa immaginare: due esperienze in cui è centrale il concetto di montaggio, e che richiedono una partecipazione attiva del visitatore-spettatore, ingaggiato tanto con lo sguardo – per «cercare ciò che non si vede», viene detto nel film – quanto con il corpo.
Il ciclo dedicato a questo incrocio di discipline proseguirà giovedì 27 marzo alle ore 14 al Cinema San Marco con la proiezione di Italo Calvino nella città del regista Davide Ferrario (già ospite della quarta stagione della rassegna), documentario dedicato allo scrittore sanremese scritto con Marco Belpoliti, professore ordinario di Critica letteraria e letterature comparate all’Università degli studi di Bergamo. Entrambi saranno presenti in sala per presentare e discutere il film.
di Mirco Roncoroni in collaborazione con Beatrice Bonacorsi