Road movie della memoria

La seconda tappa della retrospettiva dedicata al regista Davide Ferrario e incentrata sugli autori della letteratura contemporanea italiana ha previsto la proiezione di La strada di Levi (2005). Il film ripercorre, a sessant’anni di distanza, il viaggio di ritorno in Italia intrapreso da Primo Levi nel 1945 a seguito della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. Un percorso che, a partire proprio dal complesso concentrazionario polacco, si snoda attraverso l’Europa centrale.

A introdurre la visione il prof. Marco Belpoliti, co-autore del film e docente di Critica letteraria e letterature comparate all’Università degli studi di Bergamo, nonché curatore delle Opere complete di Primo Levi per la casa editrice Einaudi. «La tregua è un romanzo picaresco, fatto di avventure – ha spiegato Belpoliti –, e il film si rifà a quel percorso ripercorrendo i luoghi di cui Levi parla nel romanzo». Davide Ferrario ha descritto il film come «un road movie in cui si incontrano persone e  si  raccontato le loro storie, proprio come fece lo scrittore torinese». Il regista ha sottolineato l’adozione di formati diversi – dal 35mm alla handycam digitale – come strategia per restituire un’autentica sensazione di viaggio. Andrea Zanoli, responsabile della produzione di Lab 80 film e operatore di macchina nel recente Italo Calvino nelle città (2024), ha testimoniato della capacità di Belpoliti e Ferrario di unire una profonda conoscenza in campo letterario e un approccio documentario costantemente aperto alla realtà».

Fotografie di Sara Aresu

Il dibattito con il pubblico si è incentrato proprio sui temi della spontaneità nel racconto cinematografico e della dialettica tra estetica e politica nel cinema documentario. «Estetica e politica stanno sempre insieme – ha sottolineato Ferrario – perché sono fondamentalmente questioni di linguaggio. Credo che il cinema debba offrire delle suggestioni senza esprimere idee politiche, per consentire allo spettatore di formarsi un’opinione e trarre delle conclusioni».

di Giuseppe Moriggi