Nella biblioteca del mondo
Come si racconta per immagini una biblioteca d’autore? Come mantenerne l’identità nel tempo? Come il cinema può dare vita alla staticità dei libri? E come, più in generale, il cinema può rivelare la realtà unendo documentario o finzione? Sono alcuni degli spunti di riflessione emersi in occasione del primo incontro di Cinema Docet dedicato a tema “Cinema e letteratura”, a partire dalla proiezione del film del regista bergamasco Davide Ferrario, Umberto Eco – La biblioteca del mondo (2022), incentrato sulla vastissima biblioteca del noto semiologo e scrittore scomparso nel 2016.
All’evento, introdotto da Adriano D’Aloia, coordinatore del gruppo di ricerca CiMAv – Cinema e Media Audiovisivi, e moderato da Marco Belpoliti, docente di Critica letteraria e letterature comparate all’Università di Bergamo, hanno partecipato il regista e Riccardo Fedriga, docente di Archivistica, bibliografia e biblioteconomia all’Università di Bologna, collaboratore di lungo corso di Umberto Eco e tra gli attuali curatori della sua biblioteca. «La biblioteca del mondo – ha spiegato Ferrario – nasce dal desiderio di condividere l’esperienza che Eco mi permesso di vivere quando mi invitò a vedere la sua biblioteca. Nessuno meglio della sua famiglia e dei suoi collaboratori poteva raccontare la sua biblioteca e il suo mondo». «La sfida del film – ha aggiunto Fedriga – era far parlare i libri inserendoli in una struttura narrativa, restituendo l’impegno di uno studioso che alla narrazione ha dedicato tutta la sua vita».
Fotografie di Sara Aresu
Durante il dibattito con il pubblico è emerso come quella di Eco sia una biblioteca “pneumatica”, che dispiega lo spirito vitale di tutta l’umanità. Il film di Ferrario contribuisce a donare alla sua biblioteca una vita che va oltre quella del suo creatore. Le domande del pubblico hanno permesso di approfondire l’approccio di Ferrario al genere documentario e sul cinema come strumento di conoscenza. «Non ho mai creduto nella distinzione tra film di finzione e film documentario – ha detto il regista –. Un film, anche documentario, deve sempre generare un’emozione. Qui sta l’ambiguità del cinema: produce una conoscenza che ha a che fare con l’esperienza e il sentimento, non solo con la razionalità». Come ha insegnato lo stesso Eco, realtà e finzione, mondo reale e mondo possibile, autentico e falso convivono nelle forme della conoscenza e della narrazione umane.
di Davide Mauri