La strada di Levi

DATI DI PRODUZIONE

Titolo: La strada di Levi. Paese: Italia. Anno: 2007. Durata: 92’. Regia: Davide Ferrario. Soggetto: Davide Ferrario, Marco Belpoliti. Sceneggiatura: Davide Ferrario, Marco Belpoliti. Produzione: Davide Ferrario, Francesca Bocca. Casa di Produzione: Rossofuoco, Rai Cinema. Fotografia: Gherardo Gossi, Massimiliano Trevis. Montaggio: Claudio Cormio. Musica: Daniele Sepe. Cast: Umberto Orsini (voce narrante), Davide Ferrario, Marco Belpoliti, Andrzej Wajda, Mario Rigoni Stern.

SINOSSI

La strada di Levi, film la cui trama è tratta dal romanzo La Tregua di Primo Levi, segue il lungo viaggio di dieci mesi intrapreso dallo scrittore per tornare in Italia in seguito alla liberazione da Auschwitz, passando per le frontiere di Polonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Austria e Germania, per giungere finalmente a Torino. Ferrario, più di sessant’anni dopo, ci accompagna attraverso i seimila chilometri che Levi percorse nel 1945 per tornare a casa. Un viaggio di un uomo, che è al contempo un viaggio di intere generazioni.

TRAILER

COMMENTO

Prodotto e diretto dal regista italiano Davide Ferrario, scritto insieme al critico e docente Marco Belpoliti, il film non tratta solamente del ritorno a casa intrapreso nel secolo scorso da Primo Levi ma anche della vita e dei luoghi dell’Europa centrale agli inizi dei Duemila. La “strada di Levi” è ripercorsa dal regista e dal co-autore Marco Belpoliti in seguito a cambiamenti epocali come la caduta del muro di Berlino e l’11 settembre. Questo viaggio commovente, che si snoda tra i paesaggi asciutti e spesso tragici dell’Europa post-comunista, è un ritratto dell’umanità più vasta e ricca di sfaccettature possibili, un viaggio che non porta ad una sicurezza per il futuro, ma ci consola in un passato già vissuto a cui l’umanità è riuscita a sopravvivere: «Nel nostro film non abbiamo trovato la risposta a cosa ci aspetta. Ci siamo solo messi in viaggio, per incontrare persone, senza preconcetti, per comprendere i paradossi in cui noi europei stiamo vivendo».

CRITICA

Il documentario costruisce un diario di viaggio che per immagini, suoni, incontri, riesce a comunicare suggestioni profonde ai margini di un’Europa già immensamente cambiata, rispetto ad allora, ma ancora in movimento.

Spietati

Ne ‘La strada di Levi’ di Davide Ferrario e Marco Belpoliti è molto bella l’idea di rifare sessant’anni dopo il lungo e tortuoso percorso compiuto da Primo Levi dopo il 1945 per tornare a Torino dal campo di concentramento nazista di Auschwitz. (…) Mercati all’orientale, cimiteri, persone che ricordano, danno il senso della perennità della tradizione. Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Austria, Germania, collegate dalla voce di Umberto Orsini, sembrano terre bellissime e insieme campi di battaglia dopo la sconfitta, isole spopolate.

– Lietta Tornabuoni, La Stampa

Si può fare un film di viaggio nell’epoca della Cnn, di Internet, di Google Earth, di quei mille canali che saturano il nostro immaginario senza soddisfarlo? Si può, anzi forse si deve. Ma proprio perché assediati da mille (pseudo)informazioni, occorre scegliere ed esibire un punto di vista, uno stile che dia forma, senso, meglio: peso a immagini che altrimenti galleggerebbero nel vuoto (o nel troppo pieno). Nella ‘Strada di Levi’ questo punto di vista è, insolitamente, letterario. (…) Quel precipizio sta sotto tutti noi anche se non lo vediamo, si chiama Storia, e nei momenti migliori del film sembra quasi di poterlo toccare, di sentirne l’odore. Basterebbe questo a consigliare la visione di un film forse discontinuo ma nell’insieme azzardato e penetrante come pochi.

– Fabio Ferzetti, Il Messaggero

 

a cura di Beatrice Bonacorsi

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6 thoughts on “La strada di Levi

  1. La strada di Levi percorre il viaggio quasi infinito percorso dallo scrittore Primo Levi subito dopo la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz.
    Il regista Ferrario e la sua troupe percorrono le stesse orme 60 anni dopo, viaggiando e intervistando persone, la stessa gente alla quale Levi era interessato, la gente comune.

    Il tutto risulta in un documentario road movie con tinte comiche e sicuramente ben montato, da sottolineare le musiche e l’uso delle varie camere che creano questo senso di “realtà da viaggio”.

    La strada di Levi sicuramente è un film potente nel raccontare tutte quelle vicissitudini a volte nascoste e vissute dalla gente di tutti i giorni, ma risulta anche difficile captare la relazione con lo scrittore Levi stesso.
    Entrambi sono 2 viaggi, percorsi nelle stesse zone, ma forse seguendo 2 binari separati.
    Sicuramente l’effetto è dato dalla distanza dei 60 anni, lo sottolineano Ferrario e lo sceneggiatore stesso nel volere percorrere quei luoghi e vedere gli effetti della caduta del Muro di Berlino, degli attentati dell’11 settembre 2001.

    Forse una relazione con Levi puramente legata all’iter affrontando dei volti del potere e della politica evoluti o forse regrediti.

     
  2. Primo Levi ritorna a Torino con un semplice foglietto tra le dita.
    Un elenco di località toccate dal suo lungo pellegrinaggio verso casa dopo l’abominio. Diventerà il suo libro “La tregua”.
    “La strada di Levi” è un “on the road” che nasce ripercorrendo al giorno d’oggi quei luoghi attraversati dallo stesso Levi decenni prima.
    Una pellicola che nasce da un semplice foglio di carta.
    Un racconto sulla quotidianità attuale delle popolazioni e delle situazioni legate a quei luoghi, paradossalmente una normalità a suo tempo negata allo stesso Levi. Privato della sua identità e di ogni dignità.
    Intenso il passaggio in Germania dove i dialoghi raccolti evidenziano il rischio di dimenticanza del passato.
    È pericolosa la perdita della memoria storica.
    Affinché quello che sia successo non diventi solo una riga in un libro di storia, ben vengano tutte le possibili testimonianze nelle quali questo film si inserisce a pieno titolo.

     
  3. Un road movie che ci mette davanti agli occhi luoghi nuovi ed inediti; scopriamo un Est Europa altrimenti celato e che, probabilmente, così neanche ci immaginavamo.
    Ho apprezzato molto la possibilità di fare un viaggio in spazi a me sconosciuti e di ascoltare interessanti e preziose testimonianze. Grazie al film, questi luoghi e parole rimarranno nel tempo.
    Un tempo, quello del film, in cui passato, presente e futuro parlano e si mescolano tra loro. Nel passato troviamo i riferimenti al viaggio di Levi, pezzi di documentario e luoghi della memoria. Nel presente invece abbiamo le testimonianze dei cittadini e i luoghi vivi, attraversati nell’anno 2005. Noi spettatori, poi, guardiamo nel nostro presente (futuro rispetto al film), in un momento in cui i luoghi trattati sono protagonisti di ostilità e guerra, e ci chiediamo come cambieranno negli anni futuri.
    Una nota che mi sento di aggiungere, però, è una confusione a livello di location, nonostante le didascalie che precedono ogni spostamento, a volte è difficile localizzarsi nello spazio e capire dove ci si trova. Inoltre, anche qui avrei apprezzato una maggiore attenzione a livello grafico.

     
  4. La Strada di Levi è un film on the road del 2006 che ripercorre il viaggio compiuto da Primo Levi dopo la fine della seconda guerra mondiale e la liberazione dal campo di concentramento di Auschwitz, sulla strada per fare ritorno a Torino, così come viene raccontato nel romanzo dello scrittore “La tregua”.

    Il film abilmente fa costanti riferimenti al romanzo dato che, molto spesso, prima dei diversi spostamenti e dei cambi di ambientazione i luoghi in questione vengono presentati attraverso le parole dello scrittore stesso, lette proprio dalle pagine del suo romanzo.
    Questa scelta del regista aiuta a mantenere ancora più vivo il contatto tra lo spettatore, che vede tali luoghi per la prima volta dallo schermo, e Primo Levi, permettendo al pubblico di osservare tali spazi con lo stesso sguardo dello scrittore.
    Si tratta di un aspetto importantissimo dato che, inevitabilmente, il luoghi mostrati nel film rispecchiano la realtà dell’inizio del ventunesimo secolo, la quale è differente rispetto a quella del secondo dopoguerra.
    Di conseguenza la lettura delle pagine del romanzo di Levi aiuta a stimolare l’immaginazione dello spettatore, permettendogli di pensarsi al fianco dello scrittore durante il suo lungo viaggio.

    Il film inoltre presenta spesso anche alcuni pezzi di telegiornali dell’epoca che presentano alcuni dei fatti storici più significativi successi durante il periodo di tempo impiegato da Levi per fare ritorno in patria. Tali momenti, nel corso della pellicola, aiutano anch’essi a rinforzare il legame tra passato e presente nella mente dello spettatore.
    Un ruolo analogo, a mio parere, lo hanno anche le diverse interviste con le persone che abitano nei luoghi attraversati. Si tratta di interviste in lingua originale e mostrate con dei sottotitoli, in modo tale da aumentare la sensazione di trovarsi davvero nel mezzo di un viaggio.

    Infine un ultimo elemento che mi ha colpito e che ha evidenziato anche il regista è la natura profetica del film. Durante la sosta in Ucraina vengono messi in luce i problemi già presenti nei primi anni 2000 tra i cittadini di origine ucraina e quelli di origine russa. Vengono quindi mostrati quelli che sono i primi germi di un conflitto destinato a scoppiare quasi vent’anni dopo e ancora in corso oggigiorno.
    Ho trovato questa parte del film particolarmente “eye-opening” considerando che uno dei messaggi principali della pellicola è l’importanza della memoria e soprattutto della memoria della storia, al fine di non commettere gli errori del passato. Ai miei occhi quindi questa parte è sembrata come un ulteriore ricordo dell’inevitabilità dell’errore umano.

     
  5. “La strada di Levi” di Davide Ferrario è un’opera che ho molto apprezzato, soprattutto per la sua capacità di intrecciare momenti comici con la profondità della storia che racconta. Il viaggio di Primo Levi, ricostruito attraverso le immagini e le riflessioni, riesce a toccare corde emotive diverse, a tratti persino leggere, senza mai perdere di vista la gravità del contesto storico.

    Marco Belpoliti, con il suo contributo all’opera, aggiunge una dimensione analitica e intellettuale che arricchisce ulteriormente il film, rendendolo un’esperienza culturale e riflessiva di grande valore. La sua capacità di contestualizzare e approfondire la figura di Levi è un elemento cruciale per comprendere il significato più profondo di questo viaggio.

    Tuttavia, guardando il film oggi, non posso fare a meno di ripensare alla guerra in Ucraina e al modo in cui la storia, purtroppo, sembra ripetersi. Le immagini e i racconti del passato si intrecciano con l’amarezza per il presente, ricordandoci quanto sia importante preservare la memoria per evitare che tragedie simili si ripetano. Questo contrasto tra l’umanità del racconto e l’orrore della realtà attuale lascia un segno profondo.

     
  6. La Strada di Levi è un film del 2006 che ripercorre il viaggio compiuto da Primo Levi dopo la fine della seconda guerra mondiale per tornare a Torino.
    L’idea del film è di mostrare come il presente sia cambiato, rispetto a quanto raccontato da Levi, a 60 anni di distanza dalla liberazione di Auschwitz.
    In questo film Levi è stato usato come elemento di sguardo dell’Europa dell’est, per poter ripercorrere il viaggio che aveva fatto uscendo da Auschwitz.
    Davide Ferrario segue il viaggio che Levi ha intrapreso mostrando i cambiamenti avvenuti dopo la guerra, soprattutto attraverso gli effetti seguenti la caduta del Muro di Berlino e dopo l’11 settembre 2001.
    Il film ci accompagna in questo viaggio attraverso le parole di Levi tratte dal suo romanzo “la Tregua”, attraverso le interviste e le testimonianze della gente comune e con le riprese dei paesaggi naturali, mostrando come questi luoghi attraversati da Levi sono mutati dopo la guerra.
    Il modo in cui è stato girato il film attraverso l’uso di 3 fonti visive è interessante e dal mio punto di vista affascinante perché riescono a restituire perfettamente il senso del viaggio.
    Sono state usate una macchina da presa 35 millimetri, una piccola telecamera Handycam e il mini 35, telecamera video che poteva montare degli obbiettivi cinematografici.
    Si vede così il passaggio da una immagine cinematografica, di alta qualità, ad un’immagine in bassa definizione.
    È un uso originale e creativo che da quel senso di realtà, di vita vera, della ripresa del momento fuggente.

     

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