Grizzly Man

DATI DI PRODUZIONE
Titolo originale: Grizzly Man. Paese: Stati Uniti d’America. Durata: 103’. Anno: 2005. Regia: Werner Herzog. Soggetto: Roald Dahl. Sceneggiatura: Werner Herzog. Produzione: Erik Nelson. Casa di Produzione: Discovery Docs, Real Big Productions. Fotografia: Peter Zeitlinger. Montaggio: Joe Bini. Musiche: Richard Thompson. Interpreti: Timothy Treadwell (sé stesso), Werner Herzog (sé stesso, voce narrante), Jewel Pavolak (sé stessa), Franc Fallico (sé stesso, medico).
SINOSSI
Scontento e tormentato dall’abuso di alcol e droghe, il giovane Timothy Treadwell decide di iniziare una nuova vita lontano dalle aspettative sociali e dalle spinte capitaliste della civiltà statunitense. Nelle estati tra il 1990 e il 2003, si rifugia così nella riserva nazionale di Katmai in Alaska per vivere in stretto contatto con gli orsi grizzly, studiando e documentando ogni loro comportamento. Affascinato dalla loro vita semplice e primordiale, Timothy sceglierà di trascorrere il resto dei suoi giorni al loro fianco, impegnandosi a proteggere la specie e assumendo il ruolo di “guardiano degli orsi” (Grizzly Man). Tuttavia la vita nella natura selvaggia nasconde grandi insidie, e può aprire a tragici risvolti.
TRAILER
COMMENTO
Il pluripremiato film-documentario di Herzog presenta un viaggio esplorativo nella tortuosa vita di Timothy Treadwell e una ricerca del nesso profondo che collega la natura umana e quella animale. Questo legame si manifesta nel desiderio dell’uomo di emanciparsi dalla civiltà, per abbracciare la semplicità della vita selvaggia. Le spedizioni del protagonista diventano così paragonabili a quelle dell’animo umano, che desidera ricongiungersi al proprio stato primordiale. Tuttavia, è davvero possibile attraversare il confine invisibile che divide uomo e animale? L’uomo può mutare in animale selvatico e sopravvivere nel suo habitat? Attraverso la raccolta di immagini tanto meravigliose e affascinanti, quanto tragiche e angoscianti, Herzog ci mostra come la natura selvaggia sfugga al controllo dell’uomo. Nel tentativo di uniformarsi ad essa, s’illude di poterla umanizzare, ergendosi a suo “protettore” o “salvatore”. Il progetto idealizzato di Timothy, costruito a partire da un’armonica e perfetta rappresentazione della vita dei grizzly, fallisce nel momento in cui si scontra duramente con la realtà delle leggi della natura selvaggia. Seppur nei migliori propositi, il protagonista non riconosce l’indifferenza della natura verso le intenzioni umane, e resta per questo vittima del suo corso.
PREMI
- Sundance Film Festival 2005: premio Alfred P. Sloan
- Los Angeles Film Critics Association Awards 2005: miglior documentario
- New York Film Critics Circle Awards 2005: miglior film non-fiction
- San Diego Film Critics Society Awards 2005: miglior documentario
- San Francisco Film Critics Circle 2005: miglior documentario
- Toronto Film Critics Association Awards 2005: miglior documentario
- Directors Guild of America, USA 2006: miglior documentario
- Chicago Film Critics Association Awards 2006: miglior documentario
- Kansas City Film Critics Circle Awards 2006: miglior documentario
- Online Film Critics Society Awards 2006: miglior documentario
- Independent Spirit Awards: miglior documentario
- National Society of Film Critics: miglior film non-fiction
- Florida Film Critics Circle Awards: miglior documentario
CRITICA
Un documentario di straordinario impatto emozionale dove lo splendido e suggestivo paesaggio dell’Alaska fa da cornice ad un uomo che ha dedicato gran parte della sua esistenza a proteggere e salvaguardare l’esistenza dei grizzly.
–Stefano Perosino, Sentieri Selvaggi
Werner Herzog con lode. Gli orsi del suo docu-film parlano di solitudine (umana): un pugno allo stomaco, di classe.
–Alessandro Boschi, Cinematografo
Riesce poi a far passare contemporaneamente sia il concetto di non “doversi fidare” della natura, perchè è imprevedibile e misteriosa e al contempo il fatto che la natura sia una via d’uscita, una salvezza, o semplicemente un posto perfetto in cui morire.
–Moviemag
Herzog neutralizza il giudizio sulla persona e sull’insensatezza delle sue azioni, concentrandosi invece sulla dimensione interiore dell’impresa
–Emanuele di Nicola, Gli Spietati
A cura di Ivan Battaglia
Herzog viaggia nella psiche di un uomo che trova nella natura e in particolare in quella degli orsi, un legame profondissimo. Legame che, tuttavia, risulta non corrisposto.
Lo dice Herzog stesso, la natura è indomabile, irrazionale, violenta, imprevedibile. Timothy Treadwell ne è consapevole, vede in quelle creature feroci qualcosa che gli altri non riescono a concepire ed è pronto a morire piuttosto che uccidere uno dei suoi amici. L’orso visto forse come un’amicizia, addirittura un amore o semplicemente un idolo, una figura alla quale riferirsi.
La macchina da presa diventa come un testamento che Timothy scrive descrivendo le sue “avventure” e usandole proprio come strumento di introspezione psicologica.
C’è chi crede ad un Dio, chi ad altre figure e chi, come il nostro uomo-orso, nella natura. Unica salvezza dalla società ingiusta e ormai piena di emozioni false?
Herzog come un burattinaio seleziona da un insieme di numerosissime riprese quelle che secondo lui rappresentano l’essenza di Timothy creando questo “documentario”.
L’uomo nella natura incontaminata rimane quello che è in origine, una creatura nuda e indifesa, anch’essa parte della catena alimentare. Bisogna solo capire in quale livello di essa.
Film sicuro particolare, che mi ha incuriosito parecchio. Risponderò ad una domanda che è stata fatta in aula… È un esempio positivo o negativo Timothy? Io non l’ho visto come un qualcosa di negativo, io penso che il suo obiettivo fosse sensibilizzarci sul tema della natura e degli animali, e che noi entrassimo in empatia con lui durante questo suo viaggio spirituale, o anche di conoscenza e consapevolezza di se. Certo in certi momenti ti chiedi “ma è folle” sicuramente lo è, ma secondo me a volte questa tipologia di follia, quella dove ti spingi ad entrare davvero in contatto con la realtà, fa comprendere meglio alle persone ciò che stai cercando di comunicargli.
“Grizzly Man” è un tuffo nella complessa mente di Timothy Treadwell, un uomo che è riuscito a trovare uno scopo nella sua vita e per esso è morto. Quasi impossibile non entrare in empatia con questo particolare individuo, che riesce a suscitare tenerezza ma soprattutto stupore, e si arriva a chiedersi se non sia completamente pazzo. Probabilmente pazzo lo era, ma penso che si possa imparare qualcosa dal suo modo di affrontare la vita, per quanto inusuale.
Timothy proietta sugli animali il suo modo di vedere il mondo e così facendo distorce la realtà, attribuendo caratteristiche umane agli orsi e sentendosi uno di loro, senza considerare la brutale indifferenza della natura.
Il regista, Herzog, racconta questa storia fornendo dei giudizi ma trattandola comunque con delicatezza e rispetto. Come dice lui stesso, le riprese di Timothy, pur non essendo professionali, talvolta riescono a catturare momenti unici che neanche il cineasta migliore riuscirebbe a realizzare.
Non conoscevo Timothy Treadwell, Herzog è riuscito a raccontare la sua incredibile storia partendo da piccoli filmati registrati da un ragazzo che pare ne sapesse poco di cinema, ma che cercava di fare del suo meglio, ripetendo più volte la stessa scena e cambiando inquadratura per permetterci di entrare al meglio nella sua vita “selvatica”.
La storia che viene mostrata riesce infatti a farci esplorare la sua mente, che si comprende essere confusa ma in realtà anche molto sincera e quasi infantile.
Perché Timothy altro non è che un ragazzo riuscito a trovare un obiettivo, dopo aver passato un periodo difficile, smarrito e accompagnato dalla droga, ovvero, proteggere gli orsi, che lui immaginava come amici d’infanzia;
Il suo tallone d’Achille è stato non capire che rischiare la vita per gli orsi non avrebbe fatto altro che nuocere alla loro situazione, già a rischio per colpa dell’essere umano.
Per questo, durante il film si alternano numerosi punti di vista, dei conoscenti e degli amici di Tim, che non si schierano dalla sua parte, anzi sembrano piuttosto critici nei suoi confronti, e probabilmente perché hanno potuto assistere ai risultati delle sue azioni, ovvero alla prematura dipartita sua e della fidanzata e all’uccisione dell’orso che li ha aggrediti, ma soprattutto perché ha involontariamente dimostrato che gli orsi restano prima di tutto animali selvatici, capaci di uccidere l’uomo.
Da amante degli animali so che sia per il nostro bene che per il loro, gli animali selvatici vanno lasciati selvatici, se l’uomo è il problema, e lo è, se consideriamo la caccia e il bracconaggio, bisogna lottare contro l’uomo stesso, l’animale deve continuare ad aver paura dell’uomo, altrimenti quando incontrerà il suo carnefice non ne avrà paura;
Concludo consigliando la visione del film “La volpe e la bambina”, film che dimostra drammaticamente perché non bisogna intromettersi con madre natura.
Un documentario? direi di no. Forse un “montaggio” se così si può definire un film. E’ nel montaggio di materiale girato dal protagonista, che Herzog comunica il suo punto di vista. Il primo impatto é certamente documentaristico, ma, a mio avviso, e forse volutamente, arriva come una sorta di fiction, con una vaga connotazione di “finzione”. Il protagonista é chiaramente autoreferenziale, ed ho trovato un po’ finta anche l’amica spesso intervistata. Forse proprio questo é il messaggio che Herzog vuole trasmettere: Timothy non é un eroe, é un uomo che non sa vivere serenamente nel mondo reale e, nella quotidiana consapevolezza della morte che per lui é una eccitante “dipendenza”, sfida la natura, oltrepassa i suoi limiti per dimostrare al mondo, ma forse più a se stesso, di essere un eroe, l’unico in grado di superare quel limite che lo porta in uno spazio, quello dell’orso, che non gli appartiene. Un “al di là” dove non c’é bisogno di avere il coraggio di vivere, basta quello di morire. Ma, cambiando il punto di vista, certamente potrebbe essere un’altra storia…..
Il documentario mette in evidenza quello che può sembrare il rapporto tra uomo e animale, ma visto dal punto di vista di Timothy che, pur volendo salvaguardare la specie degli orsi grizzly all’interno del loro habitat naturale, non rispetta i limiti per far valere la sua causa. Lui stesso facendo questo si crede di fare una cosa giusta. A mio parere la sua causa è giusta e ragionevole soprattutto per quanto riguarda la situazione di bracconaggio nei confronti degli orsi, ma da una parte, come si nota attraverso i suoi video registrati nel documentario, mette al secondo posto la sua incolumità superando spesso i limiti annessi e rischiando appunto la vita più di quanto abbia già fatto.