L’amore al tempo dell’A.I.

Come si articolano le relazioni amorose in un mondo altamente tecnologizzato e iperconnesso? In che misura le AI possono comprendere le nostre emozioni, esprimerle, condividerle? Quali le implicazioni etiche e giuridiche? Sono alcune delle questioni attorno al quale si sono mossi gli intervenuti introduttivi a Lei di Spike Jonze (2013), terzo film del ciclo di proiezioni di Cinema Docet dedicato all’intelligenza artificiale organizzato dal gruppo di ricerca CiMAv – Cinema e media audiovisivi in collaborazione con il Tavolo di lavoro interdipartimentale sull’AI.

Fotografie di Giovanni Anselmi Tamburini

Il tema della solitudine ha animato il dibattito tra ospiti e pubblico in sala proprio a partire dal senso di alienazione che deriva direttamente dalla condizione del protagonista e dalle vicende che lo riguardano. Ne è risultato che l’iperconnessione in cui siamo immersi può certo renderci più vicini, ma può altrettanto facilmente inasprire una condizione di isolamento, una ricerca di conforto nella dipendenza dalle macchine. Nel film ci troviamo in una società in cui l’espressione dei sentimenti è delegata a qualcun altro. Il lavoro di Theodore è di scrivere lettere per conto altrui: la delega, ha spiegato Riccardo Fanciullacci, docente di Filosofia morale nel Dipartimento di Lettere, Filosofia, Comunicazione, segna un cambio di circuito: passando per qualcun altro le emozioni cambiano, le tecnologie trasformano le cose, mutano le intenzioni. La frase Wittgenstein «Se un leone potesse parlare, noi non potremmo capirlo» aiuta a comprendere come l’AI ponga il problema della comprensione dell’altro, dell’alterità tecnologica.

«Da un punto di vista emotivo, uomo e macchina non sono compatibili», ha spiegato Giuseppe Previtali, docente di Cinema, fotografia, radio, televisione e media digitali nel Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere, ed è evidente la contraddizione di un rapporto tra una voce, pur autocosciente, e un essere umano per cui la sessualità si esprime soprattutto attraverso la corporeità. Possiamo quindi parlare di una forma di amore alieno e alienante che fornisce una rappresentazione della solitudine umana incapace di trovare consolazione né in un rapporto tecnologico e fittizio, né in un rapporto reale. Nel corso del dibattito è stato sottolineato come il film sollevi anche interrogativi etici e giuridici. Francesca Cerea, docente di Diritto privato nel Dipartimento di Giurisprudenza, ha evidenziato come esista una forte questione di responsabilità nel rapporto tra umano e intelligenza artificiale, tra tutela della persona, della privacy, del diritto d’autore. Tutte questioni che riguardano sempre di più la nostra quotidianità.

di Beatrice Bonacorsi