Ex Machina
DATI DI PRODUZIONE
Titolo originale: Ex Machina. Paese: Regno Unito. Anno: 2014. Durata: 108′. Regia: Alex Garland. Sceneggiatura: Alex Garland. Soggetto: Alex Garland. Produzione: Eli Bush, Tessa Ross, Scott Rudin, Andrew Macdonald, Allon Reich. Casa di produzione: A24, Film4, DNA Films, Universal Pictures. Fotografia: Rob Hardy. Montaggio: Mark Day. Scenografia: Mark Digby, Denis Schnegg, Michelle Day. Effetti speciali: Andrew Whitehurst, Paul Norris, Mark Ardington, Sara Bennett. Musiche: Geoff Barrow, Ben Salisbury. Interpreti: Domhnall Gleeson (Caleb Smith), Alicia Vikander (Ava), Oscar Isaac (Nathan Bateman), Sonoya Mizuno (Kyoko), Corey Johnson (Jay), Claire Selby (Lily), Symara Templeman (Jasmine), Baârsajhan Gana (Jade), Tiffany Pisani (Katya), Lina Alminas (Amber).
SINOSSI
Caleb Smith (Domhnall Gleeson) è un giovane programmatore dell’azienda informatica “Blue Book”. Grazie alle sue spiccate doti informatiche, vince un torneo di programmazione, il cui premio consiste nel passare una settimana nella villa di Nathan Bateman (Oscar Isaac), CEO dell’azienda, per collaborare al suo progetto di ricerca. Recatosi da lui, Nathan gli illustra il programma: sottoporre “Ava” (Alicia Vikander), l’androide di sembianze femminili da lui creato, al test di Turing, per valutare la reale presenza di un’intelligenza artificiale. Caleb inizia così le sessioni di testing, che consistono nell’incontrare Ava per sottoporla a domande mirate e verificare se è dotata di coscienza di sé. Durante queste sessioni, tuttavia, l’umano e l’androide iniziano a provare sentimenti l’uno per l’altro. I due escogitano così un piano di fuga.
TRAILER
COMMENTO
L’opera di Alex Garland intende riflettere sui limiti raggiungibili da un’intelligenza artificiale nel suo compito di assistenza dell’essere umano, oltre che nella possibilità di imitarne la natura senza costituire una minaccia. In Ex Machina ci viene mostrato quanto questa linea di confine sia estremamente sottile e indefinibile, con una profonda analisi sull’imprevedibilità dell’AI e sulla debolezza dell’animo umano. Il titolo stesso rievoca l’idea di “Deus Ex Machina”, predominante nel teatro classico come entità risolutrice della tragedia. Tuttavia, questo concetto non viene riflesso in una macchina intelligente creata per risolvere i problemi dell’uomo, come accade in altre pellicole sci-fi, ma è Nathan, il suo programmatore, a identificarsi nel ruolo di “dio creatore”, reinterpretando a modo suo l’affermazione di Caleb: «Se hai creato una macchina cosciente non si tratta della storia dell’uomo, questa è la storia degli dei». Garland ci mostra come il potere di generare non abbia come naturale conseguenza un controllo totale su ciò che si realizza: sospesi sulle note di Schubert, assistiamo al ribaltamento del test di Turing, nel quale non è più l’uomo a dover analizzare Ava per decidere se porre fine alla sua esistenza, ma è quest’ultima a prendere in mano le redini dell’interrogatorio per decretare il destino dei propri esaminatori. Punto di svolta decisivo nel corso dell’opera è la frase che la macchina sussurra a Caleb durante uno dei numerosi blackout: «Non fidarti di Nathan». Questo dubbio si insinua nella sua mente rendendolo incerto riguardo a tutto, perfino del suo stesso essere, in un’introspezione violenta che dissona con il percorso di auto-affermazione compiuto invece dall’AI – rappresentato in una sequenza che è valsa al film l’oscar per gli effetti speciali. Mentre l’uomo perde il senso di sé, Ava sembra prendere coscienza del suo esistere, anche corporalmente: scopre la femminilità e il potere che ne deriva, e prende parte a una sfida intellettuale che sa tenere lo spettatore col fiato sospeso, fino all’ultimo secondo.
PREMI
- Premio Oscar 2016: migliori effetti speciali
- British Independent Film Awards 2015: miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura, migliore contributo tecnico-effetti visivi
- Critics’ Choice Awards 2015: miglior film horror/fantascienza
- Festival internazionale del film fantastico di Gérardmer 2015: premio della giuria
- Los Angeles Film Critics Association 2015: miglior attrice non protagonista a Alicia Vikander
- National Board of Review of Motion Pictures 2015: migliori dieci film indipendenti
- New York Film Critics Online Awards 2015: miglior regista esordiente, migliore attrice emergente a Alicia Vikander
- Online Film Critics Society 2015: miglior attore non protagonista a Oscar Isaac
- Phoenix Critics Circle Awards 2015: miglior film di fantascienza, miglior attrice non protagonista a Alicia Vikander
- Southeastern Film Critics Association Awards 2015: miglior attrice non protagonista a Alicia Vikander
- Time 2015: Decimo miglior film dell’anno
- Washington D.C. Area Film Critics Association Awards 2015: miglior attrice non protagonista a Alicia Vikander
- Directors Guild of America Award 2016: Miglior regista per un’opera prima
- Evening Standard British Film Awards 2016: Migliore realizzazione tecnico-artistica a Mark Digby
CRITICA
Garland entra nel recinto di un affascinante sottogenere fantastico, quello del rapporto uomo-macchina, e lo allarga a dismisura, ponendo in Ex Machina una serie di interrogativi etici e morali enormi.
–Alessandro De Simone, Cinematografo
L’ambientazione è stupenda, una combinazione di tecnologia/design e contesto naturale che fa da sfondo perfetto alla vicenda , con un sonoro sinistro di passi felpati e ronzii che contribuisce molto all’atmosfera. Gli effetti speciali sono tenuti al minimo e perfetti, la fotografia algida è funzionale e le svolte inaspettate non mancano.
–Alberto Mazzoni, Ondacinema
Alex Garland sa orchestrare la suspense. E soprattutto riesce a far convivere, senza disturbo reciproco, il thriller col discorso (sempre attuale) dell’alienazione che va di pari passo con le spinte tecnologiche.
–Giorgio Carbone, Libero
Il regista realizza il suo esordio cinematografico, prima con elegante tranquillità poi con improvvisa ferocia, in un miscuglio di colori e ottime musiche.
–Francesco Grande, Nocturno
a cura di Ivan Battaglia e Elisabetta Quarenghi
Un film che si fa notare per i suoi contrasti. Una lussuosa villa sotterranea-laboratorio di ricerca nel cuore di un’oasi naturalistica, un programmatore informatico lusingato di essere paragonato a Dio, una macchina intelligente che vuole dimostrare di poter eguagliare gli umani, li inganna e li manipola per sottrarsi alla minaccia di essere spenta. Un’atmosfera claustrofobica che ricorda a tratti la fiaba di Barbablu (le porte da non aprire assolutamente, il ragazzo che quando le apre scopre gli androidi scartati così come l’ultima moglie di Barbablu, entrando nella stanza proibita, scopriva i cadaveri delle mogli precedenti) e che pone non pochi interrogativi sul confine che separa gli umani, dalle macchine programmate per essere tali. Si dice che le macchine non potranno mai eguagliare gli esseri umani perché non provano davvero emozioni, ma le simulano, ma anche gli umani fingono. Si dice che le macchine non potranno mai eguagliare gli esseri umani, perché non sanno compiere scelte e prendere decisioni, ma non tutto ciò che siamo è frutto di una scelta ponderata: non decidiamo né il nostro genere ne il nostro orientamento sessuale, amiamo delle cose e ne detestiamo altre e non sempre sappiamo motivare questi nostri gusti, infine la nostra stessa esistenza non è frutto di una nostra scelta esattamente come non sono le macchine a scegliere di essere costruite: esemplificativo è il dialogo che hanno i due programmatori di fronte al quadro di Pollock, la considerazione che egli non avrebbe dipinto se si fosse soffermato a chiedersi perché lo fa. E dunque come si può davvero sondare la complessa intelligenza di una macchina pensante se non sappiamo sondare neanche la nostra, se non sappiamo rispondere agli interrogativi che già erano emersi in occasione del film precedente? Inevitabilmente le macchine, se dovranno somigliarci, erediteranno i nostri difetti e anche i nostri limiti. E poi c’è la grande questione della consapevolezza, la coscienza di se. Testando Ava, Caleb deve capire se lei parla e interagisce con lui rendendosi in qualche modo conto di quello che fa e non solo per riflesso incondizionato, insomma se parla sapendo che significa parlare, se parla sapendo quel che significa pensare, ma infondo tutto ciò che significa? Per quanto gli umani hanno vissuto senza avere davvero consapevolezza di se, senza sapere come fossero realmente fatti i loro corpi, da dove si originassero pensieri e parole eppure ciò non ha impedito loro di produrre grandi pensieri e grandi parole, tanto è vero che guardiamo (o dovremmo guardare) ancora al passato come serbatoio di saggezza e tuttavia di fronte a questa nuova frontiera siamo pressochè totalmente disarmati. Forse per la prima volta, l’obiettivo di creare macchine che ci somigliano, è la miccia che ci costringerà a fare davvero i conti con noi stessi, perché solo così abbiamo una vaga speranza che questa nuova sfida non ci sfugga di mano.
Come ci comporteremmo se avessimo di fronte un corpo robotizzato che sembra, agisce e soprattutto parla, pensa come noi? Questa una delle domande che pone il film, ma che sono sorte anche vedendo i video del lancio di Optimus 3 durante l’evento di Tesla: 50 robot che entrano nella folla e parlano con il pubblico, servono drink e dolcetti, ballano sul palco. Hanno un modo un po’ buffo di camminare, eppure riescono a conversare in modo chiaro, preciso e divertente, anche tramite micromovimenti di corpo fluidi e coerenti (non hanno un viso). Come ci comportiamo davanti a questo corpo-altro? Cerchiamo somiglianze con noi e valutiamo se sia opportuno o meno dargli fiducia.
Ricordiamo che questi robot saranno, più presto che tardi, in vendita, e sono già pubblicizzati come aiutanti in casa e per le faccende di tutti i giorni. Questo aspetto traspare anche nel film: la creazione di un robot che sia sottoposto al suo creatore, che sia lì per aiutarlo, essere suo servo. Nel film il controllo viene portato all’estremo con lo schiavismo sessuale, l’utilizzo di corpi solo femminili (interessante notare che Tesla invece sceglie una voce e un corpo che rimandano al maschile, forse anche per evitare le critiche sorte da film come questi) e la mutilazione, la violenza sui corpi. Sono corpi solo perché lo sembrano realisticamente o perché davvero lo sono? Qual è il limite? Il robot è al pari dell’essere umano, con i suoi diritti, oppure è un oggetto, che può trasmettere emozioni ma non provarle, alla mercè di tutti i nostri più fervidi impulsi? Esistono giusto e sbagliato nel modo in cui ci comportiamo con un oggetto-corpo? Stiamo imparando a conoscere l’AI e probabilmente l’AI sta imparando a conoscere noi, alla domanda se svilupperà o no una coscienza, non sembra ancora esserci risposta. Che abbia un corpo, però, è accessorio. Il rapporto che noi umani abbiamo con il corpo è fondamentale tuttavia messo da parte, in un’epoca in cui prevale la mente, poco importa che il robot non abbia un viso o cammini in modo buffo, se possiamo interagirci, parlando la nostra lingua, e capirci, che cosa abbiamo davanti?
Ex Machina è un film che pone l’attenzione su tre argomenti: l’intelligenza artificiale, la coscienza e la moralità. Ogni personaggio rappresenta un aspetto diverso della relazione tra essere umani e macchine. Caleb è una figura innocua, vittima di un esperimento innovativo creato per mano di Nathan, il fondatore dell’azienda, mentre Ava è una macchina che è stata dotata di intelligenza e coscienza, ma che nel corso del film mostra la sua ambiguità morale evidenziando cosa succede quando questa tecnologia supera il controllo umano. La pellicola solleva domande importanti, invitandoci a riflettere sulla differenza emotiva tra essere umano, in grado di provare dei sentimenti autentici e l’AI che nonostante sia stata progettata per assomigliare all’uomo, rivela comunque la sua natura, mostrando indifferenza e freddezza solo per garantire la propria libertà. Il finale del film ci mostra che è possibile creare una “nuova forma di vita” con desideri e volontà proprie, ma che a causa di queste riesce a sfuggire al controllo umano.
Dal libro di Villiers-de-l’Isle Adam, ” Eva futura” (“L’Ève future”, 1886) sono trascorsi quasi 2 secoli e il sogno dell’uomo come creatore, lo scienziato/Dio, è ancora attuale nell’immaginario collettivo.
AI che si ispira alla nostra sostanza organica, ed in parte lo è … (un rimando mentale corre anche al Frankenstain della Shelley), ma che “sente” la libertà con tutto sé stesso, mente e corpo.
AVA è una “donna”? certamente è consapevole della seduzione, se ne serve, prigioniera com’è del suo creatore: un genio, che certamente è il primo collaudatore delle sue macchine “di piacere”, compiaciuto di aver creato un nuovo genere di essere senziente: a patto che resti al suo servizio.
Ma cosa fa scattare la volontà di anelare ad altro? Alla libertà, per esempio … L’intelligenza passa solo ed esclusivamente nella mente? Per conoscere i nostri processi mentali, perché immaginiamo, perché facciamo arte, perché nutriamo desideri di emancipazione, sono domande che vengono solo sfiorate, davanti al capolavoro di Pollock, dai due uomini che sono sedotti, in modo diverso da AVA; l’uno per l’inestinguibile fuoco di superare sé stesso, (sorta di nuovo Prometeo), l’altro che subisce il fascino di una creazione, perfetta, che incarna il proprio ideale, anche se macchina: del resto, in un delirio di dubbi e sensazioni contrastanti, si provoca dei tagli, indagando il proprio corpo: “forse che anch’io sono un non umano?”
E Ava, trova la sua “simile” compagna di prigionia, con lei si accorda per la fuga, per la sua liberazione, i resti delle altre bambole del “padre-creatore-Barbablu” serviranno a completarla.
Ma in mezzo alla natura lussureggiante assistiamo attoniti alla nascita di una nova venere, un AI, che ha già conosciuto il rancore, la prigionia, consapevole della sua superiorità, affamata di libertà e conoscenza.
E tutto ciò, non è stato conquistato solo con la mente, ma con il corpo.
Possibile che ciò che ci sfugge sui processi che ci portano all’immaginazione, alla nostra memoria, della nostra voglia di superarci, passi anche dal corpo?
Per ragioni che solo la fantasia sa accordare, credo che la libertà sia il desiderio corale di corpo e mente. Forse in AVA “abita” una donna che reclama la sua immensa capacità di manipolare la natura, umana e vitale.
Ex Machina è un film molto particolare nel suo genere, in quanto mette in luce il momeno in cui la macchina si ritorce contro il proprio creatore. infatti, nel film possiamo vedere come Ava aveva solo un unico obiettivo, che in realtà era lo stesso di tutte le intelligenze artificiali inventate da Nathan: fuggire. Per tutta la pellicola si ha quasi la certezza che sia Nathan a star tramando qualcosa contro il giovane Caleb nascondendogli stanze e aree della sua enorme villa, e che fosse Ava l’unica che potesse aiutarlo a capire questo lato oscuro dell’informatico. In realtà, Ava ha sfruttato l’unica debolezza dell’essere umano: l’amore. Capendo che Caleb si stava innamorando di lei, sfruttò questa sua “debolezza” a suo vantaggio per fuggire una volta per tutte dalla villa, trasformando quella che per lei (e per le altre intelligenze artificiali) è sempre stata una prigione, in una gabbia per Caleb stesso.
Questo film mostra come, una volta fatta una scoperta che cambierebbe la nostra realtà, questa possa diventare un’arma nemica del genere umano, del mondo da lui creato e ne potrebbe compromettere l’esistenza (non a caso nella pellicola Caleb fa una citazione a Oppenheimer che con l’invenzine della bomba atomica ha rischiato di portare l’uomo all’autodistruzione).
“Ex machina” è un film che affronta temi molto complessi come l’intelligenza artificiale, la coscienza e le dinamiche di potere.
La vicenda ruota attorno a Caleb, un programmatore scelto per partecipare a un esperimento di valutazione dell’IA, che “prende forma” in Ava: un robot dall’aspetto umano.
Il film indaga la questione della moralità e l’emozioni sia per quanto riguarda l’aspetto umano, i due protagonisti, che l’intelligenza artificiale.
Ava, infatti, pur essendo una macchina mostra un forte desiderio di libertà e, man mano che prende consapevolezza di sé, acquisisce le sembianze di un vero e proprio essere umano sollevando interrogativi su cosa significhi essere “vivi”.
Questo aspetto è sottolineato dalla presenza costante del quadro di Pollock, artista noto per il suo stile di pittura “drip” che, in questo caso, rappresenta la complessità della mente umana e della coscienza. Le linee intrecciate e i colori caotici simboleggiano le emozioni umane suggerendo che, anche nell’IA ci possa essere una complessità simile. Possiamo dedurlo, in particolare, tramite due aspetti del film: quando Ava e Caleb si sottopongono alle “sessioni” ogni volta che lei lo sta manipolando l’inquadratura mostra un riflesso della sua immagine mentre quando è sincera si ha un primo piano sul suo volto.
Nella scena finale, inoltre, Ava sorride e sembra provare un’emozione sincera di felicità creando una dicotomia con il freddo cinismo che dimostra nella scena precedente imprigionando Caleb nella struttura e uccidendo Nathan, il suo creatore.
Da un punto di vista cinematografico, Alex Garland crea un’ambientazione isolata e moderna immersa nella natura: questo contrasto sottolinea il tema del conflitto tra l’umano e l’artificiale. La scelta dei colori, neutri e freddi, rafforza l’idea di un’atmosfera controllata e laboratoriale. Per quanto riguarda i movimenti della macchina da presa, essa diventa quasi un personaggio a sé stante riflettendo l’atto di monitorare e controllare che viene esercitato sia da Nathan che da Ava.
L’aspetto che mi ha colpito maggiormente, a questo proposito, è il rapporto tra Nathan ed Ava in quanto è simbolo del paradosso della creazione: nonostante sviluppi un’IA avanzata, dimostra una mancanza di empatia e comprensione nei suoi confronti. Tuttavia, alla fine, è lui stesso a sottovalutare Ava, rivelando un certo grado di hubris.
Nel finale, infatti, Nathan viene a tutti gli effetti superato da Ava: la sua presunzione di dominare la situazione si ritorce contro di lui. Questo capovolgimento di ruoli enfatizza l’idea che la creazione possa superare il creatore, suggerendo che l’IA, sebbene costruita dall’uomo, possa raggiungere livelli di autonomia imprevedibili.
Ex Machina mi ha davvero stupito e affascinato e mi ha fatto porre tante domande. A livello tecnico, è incredibile come abbiano usato la tecnologia per creare un’intelligenza artificiale così realistica. La parte visiva mi ha colpito tantissimo, soprattutto per il modo in cui il personaggio di Ava è stato realizzato: la sua pelle trasparente, la sua espressione quasi umana, ma allo stesso tempo inquietante e misteriosa, ti fa pensare a quanto sia sottile quella parete tra ciò che è naturale e ciò che è creato dalla tecnologia. Per quanto riguarda la trama, è davvero interessante come il film esplori temi come la coscienza, la libertà e la manipolazione. Caleb, il protagonista, viene posto davanti alla scelta di scoprire cosa rende veramente “umano” un essere senziente, ed è davvero curioso vedere come il suo pensiero di ciò che è giusto o sbagliato si evolve nel corso del film. La tensione tra lui e Nathan, il creatore di Ava, cresce piano piano, senza farcelo vedere in modo subito evidente, ma fino a diventare davvero grande. Un altro aspetto che mi ha colpito tantissimo è come Ex Machina esplori la relazione tra uomo e macchina, e quanto, a volte, l’illusione di libertà e di controllo possa essere sfruttata in modo manipolativo. Ava, pur essendo un robot, dimostra di avere una volontà propria, un propria capacità di pensiero, una propria opiniome. Poi quando si rende conto della sua situazione, si libera, ci fa riflettere su quanto noi, in quanto esseri umani, siamo davvero liberi nel prendere le nostre scelte. Ho notato anche quanto il film metta in evidenza il concetto di genere e potere. Prendendo per esempio Nathan, un uomo che crea una macchina “femminile” per scopi più che discutibili, oppure come Ava riesca a manipolare Caleb, e quindi ci fa vedere quanto il potere possa influenzare le relazioni. Per concludere Ex Machina mi ha davvero impressionato. Mi ha lasciato quella sensazione di inquietudine e curiosità, e mi ha portato a chiedermi fino a che punto possa arrivare la tecnologia e cosa significa essere davvero liberi.
L’ambientazione del film é sicuramente affascinante perché molto sviluppata dal punto di vista tecnologico, talmente tanto che risulta essere inquietante come se fosse una sorta di gabbia d’oro dal quale è impossibile uscire e che separa i protagonisti, in particolare l’umanoide Ava, dal resto della civiltà estraniandoli e innalzando il loro senso di solitudine e inquietudine.
La storia che ci viene proposta può essere tranquillamente ipotizzabile in un futuro prossimo e mette ancora di fronte ai nostri occhi il confine sottile tra uomo e macchina.
Al centro della questione c’è il corpo femminile con la sua sessualizzazione/oggettivazione e il tema della creazione, lo spunto di riflessione riguarda infatti la possibilità che creare un’A.I. renda l’uomo un Dio.
In “Ex machina” emerge una nuova sfumatura: la ribellione della creatura al suo creatore che non è più in grado di controllare ciò di cui lui stesso é responsabile; Ava, tenuta imprigionata da Nathan e completamente asservita a lui, trova nell’ospite Caleb un alleato e riesce a fuggire con Kyoto, un’altra umanoide, non prima di averlo ucciso.
Il comportamento di Ava é quello di un qualsiasi umano disposto ad uccidere per la sua libertà, desideroso e curioso di sapere cosa c’è al di là di quelle mura e di ciò che le é stato insegnato e imposto per muoversi nel mondo con le sue gambe, per toccare con mano e per scoprire tutto ciò che non conosce.
Il film “ex machina” il problema principale che viene affrontato è quello della coscienza, o meglio se un robot come Ava sia in grado di somigliare agli esseri umani persino per quanto riguarda il cervello e la capacità di formulare un pensiero autonomamente.
La questione è parecchio interessante, il test a cui viene sottoposta Ava ha proprio l’obiettivo di rispondere però alla conclusione del film credo che non ci sia una vera e propria soluzione perché se Ava riesce a scappare e a raggirare tutti gli umani con cui ha avuto a che fare significa che sia in grado di superare l’intelletto del suo creatore e di ragionare anticipando le sue mosse, d’altra parte credo che un robot non sarà mai in grado di provare delle emozioni, sensazioni, avere un’etica e avere una coscienza vera e propria dato che non ha nemmeno provato a salvare l’altro robot (Kyoto), quindi un suo simile che non ha mai approfittato delle sue capacità, l’ha lasciato assieme agli altri umani mentre “moriva”.
Un’altra questione che evidenza la differenza tra l’essere umano e il robot è proprio la tematica delle dipendenze, nel film la vediamo associata prevalentemente al creatore di Ava ovvero Nathan, in questo caso è un punto a favore dell’intelligenza artificiale perché non cadrà mai in disgrazia per mano sua; credo che Ava sia consapevole di essere superiore ai sui creatori soprattutto quando causa i blackout e cerca di comunicare con Caleb e quando decide di lasciarlo chiuso nella stanza a morire perché sa che la sua presenza nel mondo potrebbe rovinarla (è l’unico a sapere che lei non è umana).
La cosa più distopica che ho notato nel film, per quanto venga mostrato un mondo avanzato a livello tecnologico e quasi fantascientifico, è come un umano come Caleb si possa essere innamorato di una macchina quale è Ava, ho trovato veramente ambiguo e sconcertante come lui, nonostante vedesse le sue parti artificiali e sapesse non essere una persona vera, si sia fatto intenerire e abbia assecondato le idee del robot (pagandone poi le conseguenze).
Molto bello è anche il legame tra natura e artificio, lo si nota moltissimo nella scelta dell’ambientazione ossia la casa piena di tecnologia posizionata in un luogo isolato completamente naturale e la presenza di alcune piante circondate dal cemento nella “cella” di Ava.
Ho ritenuto veramente tanto interessanti e stimolanti gli interventi dei docenti fatti dopo il film sopratutto quando il professore di Fisica, Federico Leo Redi, ci ha voluto mostrare un “easter egg” contenuto nel film interagendo direttamente con Chat-Gpt4 e sviluppando un codice di programmazione.
Un ultimo appunto che voglio fare e che durante la visione del film ho subito pensato a qualche giorno fa quando Elon Musk, CEO di Tesla, ha presentato “Optimus Gen 2” un robot in grado di svolgere diverse attività quotidiane e di interagire con i presenti sfruttando l’intelligenza artificiale; la cosa mi ha spaventato parecchio perché vedere come è andata a finire nel film mi ha fatto ragionare sulla realtà che stiamo vivendo, ovviamente il livello attuale dei robot non è pari a quello di Ava però mi chiedo “e se un giorno ci arrivassimo, cosa accadrà?”.
Meraviglia del cinema, Ex-Machina, diretto da Alex Garland, parla di un triangolo amoroso fra due uomini e una donna robot. Si analizza un topos della fantascienza molto attuale. Si affronta il tema della maschera e dei sentimenti che si rivelano un coltello a doppio taglio. Si scopre infatti che la donna ha preso in giro il ragazzo per raggiungere il suo scopo: fuggire. Sembra quasi di guardare un film psicologico. Tutto inizia in una landa desolata di solitudine e malinconia e il protagonista viene accolto da un citofono e non vi è presenza umana. Storia intensa e piacevole con un colpo di scena finale. Il film parla di un tema attuale( ci sono già tanti film che lo fanno) ma ha fatto la differenza.
A mio parere il film esplora il concetto dell’intelligenza artificiale in modo chiaro e significativo, adottando un tono molto più grave, serio e cupo rispetto al film “Her”.
Nonostante le due pellicole abbiano una trama simile, “Ex Machina”, fin dall’inizio, è un film caratterizzato da un’atmosfera carica di tensione che si esplicita concretamente nei colori freddi delle ambientazioni, negli effetti sonori e nella recitazione dell’attore protagonista che è in grado di suscitare ansia e incertezza in molti dei momenti principali e, soprattutto, nelle sue scene con il personaggio di Nathan.
Il personaggio dell’inventore Nathan, interpretato da un brillante e convincente Oscar Isaac, si presenta come estremamente ambiguo. Già dall’inizio del film, malgrado cercasse più volte di mostrarsi come un amico nei confronti di Caleb, non riuscivo a togliermi la sensazione che fosse un uomo privo di bussola morale e che, dietro all’apparenza affabile e festaiola, si nascondesse una realtà ben differente. Proprio per questo quando viene finalmente rivelato il segreto di Nathan non mi sono molto sorpresa anche se, la realtà rivelata era peggiore di quanto mi fossi immaginata. Da quel momento in poi sembra essere chiaro che l’inventore sia l’antagonista del film e colui da eliminare ma, il finale della pellicola offre un nuovo colpo di scena quando l’apparente innocenza di Ava crolla.
Viene rivelato che Ava, spinta proprio da Nathan, ha manipolato Caleb fin dal primo istante al fine di ottenere la libertà, tradendo prima lui e poi lo stesso Nathan che viene da lei ucciso.
La morte di Nathan per quanto meritata mi ha inevitabilmente ricordato la tragica fine del dottor Victor Frankenstein nel romanzo di Mary Shelley. Proprio come lui infatti Nathan si è voluto spingere oltre alle leggi della natura e ha tentato di creare una creatura che si è poi ribellata proprio verso il suo creatore. Il paragone tra i due personaggi inoltre risulta ovvio e significativo se si tiene in considerazione che lo stesso Caleb, nel film, paragona Nathan a una divinità, a un moderno Prometeo, proprio come il dottor Frankenstein.
Per quanto riguarda il tema dell’intelligenza artificiale, invece, ho trovato diverse similarità tra Ava e alcuni dei personaggi principali della serie tv britannica “Humans”. Anche in tale serie viene mostrata una realtà in cui esseri umani e robot dalle sembianze umane convivono. Nella serie però sono solo un numero limitato di robot quelli che possono effettivamente provare emozioni. In particolare Ava mi ha ricordato il personaggio personaggio Niska che, nella serie, viene usata anche lei come una schiava sessuale da uomini che ignorano il fatto che lei sia in grado di provare emozioni. Nella serie Niska, ad un certo punto, si ribella alla sua condizione e sceglie di uccidere coloro che si sono approfittati di lei, per poi iniziare a vivere una vita da umana, proprio come fa anche Ava alla fine del film.
Ex Machina è una pellicola che pone l’attenzione sul rapporto stretto tra umanità e l’AI, che in questo caso è rappresentata da Ava, un robot. Dal mio punto di vista il film fa notare molto la differenza di moralità e di empatia tra i due poli, si nota effettivamente come un robot può avere sembianze umane ma rimane privo di sentimenti positivi. La cosa fondamentale sulla quale soffermarsi è che in Ava c’è, però, un sentimento di ribellione e libertà e questo perché è comunque creata dell’intelligenza artificiale. Per quanto riguarda le ambientazioni sono all’avanguardia e il posto in cui è rinchiusa Ava rispecchia un po’ il comportamento che adotta nel corso del film.