The Favelas Games
DATI DI PRODUZIONE
Titolo originale: The Favelas Games. Paese: Italia. Anno: 2014. Durata: 52′. Regia: Paolo Marelli e Lorena Atteret. Produzione: Lagart Productions. Fotografia: Paolo Marelli. Sound design: Duccio Servi. Interpreti: Jorge Santos de Oliveira, Francisca de Pinho Melo, Mario Pires Simao, Rafael Soares Goncalves.
SINOSSI
Jorge è un giardiniere di 50 anni e vive a Rio da oltre 30 anni. Come moltissimi altri brasiliani arriva dall’entroterra ed è andato a vivere in città per motivi di lavoro. Oltre a curare giardini, Jorge, si sta costruendo la casa nella Favela di Vila Taboinha, dopo che il comune di Rio de Janeiro ha demolito, insieme a tante altre, la casa in cui viveva da ben 16 anni, per costruire una nuova strada, la ‘Transoeste’, via di comunicazione per la vicina zona della città Olimpica. Grazie alla storia di Jorge, scopriamo la storia di una persona che non si è arresa e che non ha paura di perdere tutto, di una persona che ha lottato per far valere i propri diritti fino all’ultimo istante, e che una volta persa la propria casa si è rimboccata le maniche per costruirsene un’altra. Il più vicino possibile, nella maniera più simile. Perché, spiega Jorge, la casa non é solo avere un tetto e abitare è molto più che solamente vivere.
TRAILER
COMMENTO
Il documentario di Paolo Marelli e Lorena Atteret è uno spaccato delle condizioni di vita della Favela di Vila Taboinha. All’ombra del Cristo Redentore, la realtà precaria dei blocchi di cemento sorti nel corso degli anni collide con la città di Rio de Janeiro, con l’ambiente urbano che offre maggiori possibilità di trovare un’occupazione stabile. Costruito in seno a un attento studio etnografico, The Favelas Games illustra con rigore il problema delle pratiche di sgombero di queste abitazioni da parte del comune di Rio, e la resilienza di abitanti come Jorge, Rafael, Mario e Francisca che raccontano la loro storia davanti alla macchina da presa di Marelli e Atteret. Le Favelas brasiliane vengono narrate nella loro essenza, al fine di comprenderne sia l’origine sia il ruolo culturale fondamentale per la città di Rio de Janeiro. Ma attraverso le interviste e le immagini, in cui si alternano città e periferia, affiorano soprattutto le storie individuali che popolano le Favelas, racconti intimi che sortiscono un effetto di universalizzazione della condizione ivi fotografata: l’indissolubile legame tra passato e presente, la difficile convivenza fra famiglie abbienti e povertà, le contraddizioni che tessono le fila di crisi e boom economici. La metropoli brasiliana, in continua tensione e trasformazione, si mostra attraverso quelle disuguaglianze sociali che tenta di nascondere dietro la sua immagine commerciale di Cidade Maravilha.
VALUTA IL FILM
Dove ci sono grandi eventi, le persone piccole soccombono. Beninteso, piccole per chi le considera tali, per tutti quei poteri forti che distruggono vite in nome di interessi privati, ricorrendo spesso a metodi mafiosi. Insomma, provate a immaginare che un giorno vengano a dirvi che dovete lasciare la vostra casa, perché bisogna abbatterla per costruire una teleferica, una strada, vi dicono che sarete indennizzati se non vi opporrete, se non lasciate la casa dopo un po’ vi tolgono la corrente, aspettano che vi allontaniate per rifornirvi di cibo e in quel frangente procedono alla demolizione che voi non avete autorizzato. È successo davvero a Jorge che vive da 30 anni nelle favelas di Rio, fa il giardiniere. È stato sgomberato insieme a Francisca, che aveva messo lucchetti e catene per legarsi alla sua casa, ma si è vista arrivare le forze dell’ordine per rimuoverle, è stato sgomberato insieme a molti altri che formano una comunità accomunata dal fatto di non avere nulla, nemmeno i servizi essenziali, sgomberato in nome di un sistema che vuole creare una città a immagine e somiglianza dei ricchi e trattando la maggioranza povera come qualcosa da rimuovere, da marginalizzare sempre più. Si costruisce una teleferica e per farlo si brucia un mercato che sorge nella stessa zona, si dichiarano le favelas zone a rischio, si fa finta di aprire un dialogo salvo poi sbattere in faccia alla gente “Vi convochiamo per educazione, ma noi facciamo quello che vogliamo e opporvi non vi servirà”. Tutto ciò è raccontato con molta chiarezza e incisività, ci fa capire come ci sono molti modi di farsi città, non sempre inclusivi.