Due giorni, una notte
DATI DI PRODUZIONE
Deux jours, une nuit, di Jean-Pierre e Luc Dardenne, Belgio/Francia/Italia (2014)
Soggetto e sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne; produttori: Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd; produttore esecutivo: Delphine Tomson, Arlette Zylberberg; fotografia: Alain Marcoen; montaggio: Marie-Héléne Dozo; scenografia: Igor Gabirel; costumi: Maïra Ramedhan Levi
Interpreti: Marion Cotillard (Sandra), Fabrizio Rongione (Manu), Pili Groyne (Estelle), Simon Caudry (Maxime), Catherine Salée (Juliette), Olivier Gourmet (Jean-Marc), Baptiste Sornin (signor Dumont), Christelle Cornil (Anne), Laurent Caron (Julien)
TRAILER
SINOSSI
Sandra lavora in una piccola azienda, dove ritorna dopo essersi assentata per curare la sua depressione. La sua presenza, però, non è più necessaria: il processo produttivo è stato rivisto e il proprietario offre agli altri dipendenti un bonus in denaro in cambio del suo licenziamento. Sandra si trova così senza lavoro ma, grazie all’intercessione dell’amica Juliette, la votazione fra i dipendenti che l’ha vista perdere il posto viene riprogrammata dopo qualche giorno. Sandra incontra singolarmente i colleghi per convincerli a cambiare idea. La donna, dopo un’umiliante questua, non riesce ad ottenere la maggioranza dei voti e viene comunque allontanata dalla fabbrica. Il suo ex-capo le offre di prendere il posto di un suo collega, il cui contratto sarebbe andato di lì a poco in scadenza, ma Sandra rifiuta, allontanandosi.
COMMENTO
I fratelli Dardenne sono senza dubbio fra gli autori che meglio hanno saputo sfruttare le potenzialità del cinema per comporre racconti sociali di grande impatto. Se è vero che le trasformazioni del mondo del lavoro (riduzione del numero di individui impiegati, razionalizzazione e meccanizzazione delle linee produttive ecc.) hanno avuto importanti conseguenze dal punto di vista sociale (basti pensare alla precarizzazione delle carriere per averne un’idea), il cinema contemporaneo ha immediatamente cominciato a registrare criticamente questi fenomeni. Lo ha dimostrato benissimo la parabola creativa di Ken Loach e anche quella dei Dardenne, sin dal seminale Rosetta (1999). Due giorni, una notte costituisce uno snodo chiave di questo pensiero del lavoro attraverso le immagini, che vede come protagonista una giovane donna rimasta senza punti di riferimento. Il disagio psicologico della protagonista, lasciato fuori campo ma tematizzato quel tanto che basta da renderlo percepibile, diventa l’occasione per una rimodulazione dei meccanismi produttivi, in una catena dalla quale Sandra risulta esclusa in quanto donna e soggetto fragile. I meccanismi dell’economia procedono inesorabili e soltanto grazie ad un legame amicale tutto al femminile sarà possibile cercare di riscrivere una decisione sostenuta unicamente dalle leggi del mercato. Il film raggiunge il suo apice drammatico nel viaggio disperato di Sandra e di suo marito per convincere i colleghi a recedere dalla loro decisione, esplorazione di un’umanità varia e spesso meschina, costretta a venire meno ai legami di solidarietà perché schiacciata da una condizione di precarietà esistenziale sempre più evidente. In questo percorso la protagonista acquisirà una maggiore conoscenza di sé in quanto portatrice di diritti e di una forma di agency che neppure la più brutale forma di sopraffazione è in grado di azzerare.
PREMI
- European Film Awards 2014: miglior attrice (Marion Cotillard)
- New York Film Critics Circle Awards 2014: miglior attrice protagonista (Marion Cottilard)
- Premio Magritte 2015: miglior film, miglior regista, miglior attrice protagonista (Marion Cotillard)
- Premio Oscar 2015: nomination miglior attrice protagonista (Marion Cotillard)
- Premio César 2015: nomination miglior film straniero e miglior attrice protagonista (Marion Cottilard)
CRITICA
La condanna che i Dardenne individuano oggi è quella, endemica, della perdita del posto di lavoro. Venute meno le tutele, con l’assenza nelle piccole aziende del nucleo sindacale, le decisioni restano appannaggio dei proprietari. Oppure, come in questo caso, possono essere subdolamente delegate a una guerra tra poveri che spinga ognuno a guardare ai propri bisogni azzerando qualsiasi ideale di solidarietà.
—Giancarlo Zappoli, Mymovies
Un “caso” socialmente e storicamente inquadrato (il lavoro negli anni della crisi del capitalismo avanzato) diventa la generica via crucis laica di una figura archetipica, quella del “marginale”. Il marginale, la marginale, colei che ha tolto la maschera senza reprimere o occultare un male di vivere non più dissimulabile; colei che, in ragione di un’eccessiva sensibilità, ha deciso di non più trattenere le lacrime.
—Manuel Billi, Gli Spietati
VALUTA IL FILM
Un’analisi diretta dello spietato mondo del lavoro, una narrazione che non lascia spazio alle favole ma ai dati che parlano. Sicuramente un film che va dritto al punto, che ti lascia l’amaro in bocca di fronte al problema dei più fragili, che apre le porte su un mondo che nel quotidiano non si considera.
Impattante e coinvolgente, un fallimento lavorativo che porta a riscoprire il valore della persona grazie ad un’ attenta e realistica analisi di dinamiche, relazioni ed emozioni.
Un continuo immedesimarsi nei personaggi che porta avanti la trattazione del tema sotto diversi punti di vista.
“Due giorni, una notte” è una pellicola estremamente realistica. Il personaggio di Sandra (interpretata da Marion Cotillard) lotta non solo per riottenere il posto di lavoro, ma soprattutto per riaffermare la propria identità. Sandra è infatti vittima della società, che induce le persone a considerarsi degne, realmente realizzate e soprattutto utili, solo se si è in possesso di un lavoro.
Un racconto reale che lascia lo spettatore confuso, arrabbiato e deluso.
Emozioni che solo un’esperienza come quella di Sandra possono suscitare .
Film interessante, anche le poche scene della protagonista che interagisce con i colleghi rendono chiare diverse situazioni nelle quali una famiglia o una persona può trovarsi in questi tempi, anche una decina d’anni rispetto all’uscita del film, quindi nonostante il naturale “tifo” che lo spettatore ha per Sandra, si capiscono le motivazioni degli altri personaggi e lo spettatore non può far altro che provare a immaginare cosa farebbe nella stessa situazione, l’interrogativo che si pone per tutta la durata del film trova risposta nella stessa che danno la maggior parte dei personaggi: “vorrei non essere io a decidere”.